mercoledì 21 novembre 2012

Parole-seme e parole-germoglio

La lingua dei Pirin ha una struttura per molti aspetti simile a quelle che conosciamo, per altri profondamente diversa. In essa non esistono gli "articoli", né la divisione tra "sostantivi", "aggettivi", "verbi" altre parti del discorso. Esistono, invece, parole-seme (Ñònon-nothele parole-germoglio (Athus-nothel).

Una parola-seme (Ñònon-noth) descrive un concetto assoluto, un'essenza. Una parola-germoglio  (Athus-noth) rappresenta l'evoluzione di un concetto e il suo adattarsi a casi specifici, precisando la sua funzione nel discorso. Esistono, poi, diversi gradi di evoluzione delle parole-germoglio, che variano dalla semplice aggiunta di desinenze per specificare il genere e il numero o la declinazione verbale, arrivando a parole composte di maggiore complessità. 

Per comprendere meglio l'idea espressa, prendiamo alcuni esempi. "Ev", è una parola-seme. Trattandosi di un concetto astratto, per tradurlo dovremo fare ricorso ad alcuni sostantivi e aggettivi, che tuttavia non potranno rendere pienamente il suo significato. Possiamo tradurre "Ev" con: vista, veggenza, guardia, osservazione, visibile, visto, osservato

Per far capire che la parola "Ev" viene usata per esprimere un'azione, e quindi attribuirle una funzione verbale, verrà declinata con una delle diverse possibili desinenze verbali. Prendiamo, per il nostro esempio, la desinenza dell'infinito, "aar". 
Unendo Ev + aar, otterremo dunque "Evaar", parola-germoglio che significa: vedere, osservare, guardare, vigilare, fare la guardia.

Se invece volessimo unire la parola-seme "Ev" ad un'altra parola-seme, poniamo "Adar" (re, sovrano, signore), otterremmo la parola-germoglio "Evadar", che letteralmente si potrebbe leggere come "re della vista", oppure "signore dell'osservazione", ma che è invece una parola del tutto nuova: "Evadar", infatti, significa occhio. Quindi vediamo che una parola semplice come "Evadar" (occhio) racchiude in sè un significato più sottile e profondo: l'occhio è il "sovrano" della vista. 
Se, invece, volessimo dire proprio "re della vista" senza riferirci all'occhio, scriveremmo le parole "Adar" e "Ev" separatamente, e aggiungeremmo fra loro la particella "Ath", che indica appartenenza. Avremmo quindi "Adar ath ev". 

Un'ulteriore evoluzione, per comprendere come i Pirin "costruiscano" le parole. Se a "Ev" e "Adar", unissimo anche la parola-seme "" (acqua), ottenendo quindi "Evadarhè", avremmo una parola nuova, che significa lacrima. La lacrima è quindi, letteralmente, "l'acqua del re della vista". Con la declinazione verbale, "Evadarhè" + "aar", "Evadarhèaar", diventa piangere, lacrimare.  
Ancora una volta, se non volessimo intendere "lacrima" ma proprio "acqua del re della vista", non scriveremmo "Evadarhè" bensì "Hè ath adar ath ev".

Una volta compreso questo rapporto tra parole-seme e parole-germoglio, tradurre la lingua Pirin sarà molto più facile...




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