lunedì 19 maggio 2014

Diventare Hagarbor



Quello di Hagarbor è uno dei titoli più temuti in tutte le terre di Gaimat. Questa parola, da sola, è capace di incutere in chiunque un oscuro terrore. Solo pochi membri della Fratellanza del Fiordaliso Nero assurgono a questa carica, ma chi la ottiene diventa una leggenda all'interno dell'Ordine. Si tratta pur sempre di una fama che non glorifica il nome o la personalità di chi la vanta, in quanto ogni sacerdote guerriero di Belhagard mantiene l'assoluto anonimato fin dal giorno della sua iniziazione. Inoltre, chi viene eletto Hagarbor è consapevole di come questa nomina metta in serio pericolo la sua stessa vita: non soltanto perché all'Hagarbor sono affidate le missioni più difficili, ma anche perché, quando uno dei suoi adepti sarà diventato abbastanza potente da prendere il suo posto, lo farà nell'unico modo possibile: assassinando il suo maestro. Questa perenne ambiguità tra fedeltà e competizione che regola i rapporti gerarchici nell'Ordine, è ciò che spinge ogni sacerdote guerriero a superare continuamente i propri limiti nell'apprendimento della magia e delle arti di combattimento... 

Della carica di Hagarbor e della setta del Fiordaliso Nero si narra a pag. 366 del romanzo "Le memorie di Helewen".


venerdì 16 maggio 2014

Hagardtyh: le misteriose strade dell'Impero sotterraneo



L'Impero di Hagardtyh è l'unico che non figura sulle mappe del continente di Gaimat. Il motivo è presto spiegato: nessuno ne conosce la reale estensione e pochi sanno indicarne l'esatta posizione. Dai racconti e i diari di viaggio di quanti l'hanno visitato, è possibile supporre che si tratti di una rete di più regni sotterranei fra loro collegati da lunghe gallerie; ma tutti sottoposti all'autorità di un'unica famiglia reale. In molti, sulla superficie, si chiedono quali fonti di luce rischiarino le città del sottosuolo: a questa domanda esiste più di una risposta, ed è difficile stabilire quale di queste sia la più attendibile. Cercando di trovare una coerenza tra le varie testimonianze, è probabile che esistano diverse fonti di illuminazione. Gli insediamenti più vicini alla superficie possono sicuramente beneficiare di un arguto sistema di condotti e pozzi che canalizzano la luce esterna. Più in profondità, l'illuminazione è data soprattutto da organismi luminescenti come funghi e coralli che, sempre a detta degli esploratori di ritorno dall'Impero, rischiarerebbero con il loro bagliore i laghi e parte delle pareti delle grotte. Esisterebbe anche un minerale luminoso, molto diffuso (tanto da essere usato nelle abitazioni e nelle città al posto di ceri e lampade), la cui luce parrebbe inestinguibile. Chi l'ha visto lo descrive come un minerale salino o sulfureo, di colore arancio giallognolo, e dalla luminescenza interna costante. 
Sebbene gli Hagardtyhilsi abbiano scavato numerose gallerie, eretto ponti e spianato strade, una delle vie di comunicazione privilegiate per gli spostamenti nell'Impero sembra essere la navigazione dei canali delle falde acquifere, intorno alle quali sono sorte le principali città del vasto reame. Gli Hagardtyhilsi hanno inoltre addomesticato diversi animali da soma del tutto sconosciuti in superficie, che agevolano non solo gli spostamenti delle persone, ma anche e soprattutto quelli delle merci sulle vie carovaniere...


giovedì 8 maggio 2014

L'arte di "Eselmir": entrare in un mondo fiabesco



Il lavoro compiuto sulle location del videogioco tende a mettere in risalto l'aspetto fiabesco dei paesaggi. Lo scopo è dare l'idea di immergersi in un sogno, che sia a metà strada tra la creazione di luoghi mai visti e la reinterpretazione di stereotipi ben radicati nell'immaginario collettivo legato al fantastico e al leggendario; il tutto rispettando pienamente quelli che sono gli stili e i soggetti già presenti nel romanzo. Ritroveremo quindi le caratteristiche proprie dei territori di Gaimat, con la loro coerenza narrativa e anche le loro diversità regionali. Un mondo "vivente", in cui spesso le cose non sono come appaiono e nascondono delle realtà invisibili agli occhi...


giovedì 1 maggio 2014

Artigianato e agricoltura nei regni degli Elfi



I reami di Bosco Elfico non hanno una produzione artigianale o agricola su vasta scala come accade in altri paesi di Gaimat. Gli Elfi non hanno il senso del commercio: producono quello che serve loro e le eventuali eccedenze preferiscono donarle ai forestieri, anche se con questi ultimi hanno pochi scambi. Per lo stesso motivo non acquistano praticamente nulla che venga prodotto all'esterno dei loro territori. Non è che gli Elfi disprezzino i prodotti stranieri, ma la loro indole li porta a non cercare l'aiuto degli altri. Al contrario, se ospitano qualcuno nelle loro contrade, dimostrano uno squisito senso dell'ospitalità, donando cibi e bevande squisite ed oggetti meravigliosi...
Come i Pirin, gli Asi non battono moneta, e la loro potrebbe essere definita un'economia di tipo famigliare, in cui ogni villaggio è assimilabile ad un nucleo domestico. Una sorta di commercio avviene però tra villaggio e villaggio, nel senso che ogni qual volta un Elfo decide di visitare un altro villaggio porta sempre con sé molte mercanzie da donare là dove è diretto; e allo stesso modo torna sempre a casa portando con sé i doni e le specialità del paese che ha visitato. 
Gli Elfi non praticano la pastorizia, poiché sono contrari alla detenzione di animali in cattività, ma il loro rapporto amichevole con ogni specie vivente fa sì che spesso attingano nutrimento (latte, miele, uova...) dagli animali selvatici i quali si lasciano avvicinare senza paura dal piccolo popolo di Asur. 
Al contrario, molto sviluppata è l'agricoltura. Celebri in tutto il continente sono gli ortaggi smisurati e oltremodo gustosi coltivati con cure amorevoli dagli Elfi. Quasi leggendari sono gli ortaggi coltivati per il re di Asphodelo in una rigogliosa vallata dai dolci terrazzamenti, chiamata orto di Kalembris. Si dice che vi nascano zucchine grosse come canoe e pomodori grandi come cesti!
Per quanto riguarda l'artigianato, gli Elfi sono soprattuto versati nella gioielleria e nella fabbricazione di tinture per stoffe, oltre che nello scolpire il legno (con strumenti d'osso o pietra levigati e affilati con estrema cura) per realizzare raffinati elementi architettonici.