lunedì 19 agosto 2013

Il gufo scarlatto



Del gufo scarlatto si narra a pag. 366 del romanzo "Le memorie di Helewen". Quale sia l'origine di questa sinistra spia delle tenebre non è del tutto chiaro. Si pensa che prima di essere corrotto dalla magia del Fiordaliso Nero, questo maestoso uccello dagli occhi di fuoco fosse al servizio del Dio Faiadar, che lo ha generato nel grembo della Notte. Esso si nutre di Spiritelli della foresta, che è in grado di scorgere anche a grande distanza. Si dice che i suoi occhi siano in grado di lanciare lacrime infuocate simili alla lava dei vulcani, e che anche i suoi artigli siano incandescenti, motivo per cui il gufo scarlatto non potrebbe posarsi sui rami degli alberi ma soltanto sulle rocce o il terreno; mentre secondo altre fonti esso volerebbe senza sosta...

martedì 13 agosto 2013

"Eselmir" - foto del making of - 1




Una foto dal backstage del videogioco "Eselmir e i cinque doni magici". Stefano e Tania Maccarinelli alle prese con la programmazione di una sequenza del gioco...


sabato 10 agosto 2013

L'architettura imperiale di Sandovelia

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Lo stile architettonico della capitale dell'Impero è caratterizzato da maestosi edifici in marmo grigio, mentre tetti e cupole sono smaltati, almeno a partire dalla Settima Era, nel colore del casato dell'Unicorno: azzurro tendente al verde acqua, simile alla giada o al rame ossidato (materiale, quest'ultimo, utilizzato in alternativa allo smalto). L'aspetto degli edifici è elegante e austero come il popolo che li ha concepiti: gli Arion. Le proporzioni sono equilibrate e addolcite dalle grandi superfici tondeggianti delle cupole e gli archi a tutto sesto. Le colonne sono lisce, i capitelli poco elaborati. Quasi del tutto assenti gli edifici in legno o le facciate ricoperte da questo materiale, ritenuto dai Sandoveliani un materiale da "genti della foresta" (riferendosi con ciò soprattutto ai vicini Elfi Asi e ai Fhegòlnori, i quali al contrario fanno un larghissimo uso di legname nella costruzione e decorazione degli edifici). Molti i monumenti clebrativi come gli archi di trionfo, le fontane adornate da gruppi scultorei, le statue equestri, i mausolei o le colonne ai crocevia, che contribuiscono ad accentuare l'aspetto glorioso della città degli Imperatori...

venerdì 2 agosto 2013

Shalwid Ektaban in mano ai Barbari



Il nome Shalwid Ektaban significa letteralmente "Assembramento delle Lame". La sua struttura e la sua posizione geografica, infatti, l'hanno da sempre resa un ottimo avamposto in cui radunare eserciti prima di sferrare attacchi militari o dove stanziare truppe per sorvegliare i confini. Prima di finire nelle mani dei barbari, essa apparteneva ai Duharion, responsabili della sua edificazione e della progressiva espansione delle sue cinte murarie, sebbene per alcuni periodi sia stata conquistata anche dai Fhegòlnori che vi eressero le caratteristiche torri "spinose". Una delle peculiarità architettoniche più rilevanti della fortezza sono infatti le sue torri, dalle guglie ricoperte di tegole munite di grandi "aculei" metallici; che secondo alcuni sarebbero le vere responsabili del nome della città. Simili lame si trovano anche su alcuni tetti di edifici del borgo, e in particolare sul mastio situato sull'acropoli. Questo accorgimento doveva servire a difendere la fortezza dagli attacchi aerei, per esempio da parte di draghi o di altri animali alati, che in tal modo non avrebbero potuto posarsi sulle torri.
La città è costruita su un colle dal rilievo poco pronunciato, ed è circondata da promontori più alti che costituiscono quasi un prolungamento naturale delle sue mura e uno sbarramento tra i territori pianeggianti a est e a ovest della roccaforte. Dalle torri e dalle mura cittadine è possibile spaziare con lo sguardo su vaste steppe e nebbiose foreste di conifere.
A determinare la caduta di Shalwid Ektaban in mano ai barbari è stata soprattutto la sua distanza dalle altre grandi città di confine. Quella posizione che, un tempo, l'aveva resa un avamposto strategico affacciato sui territori selvaggi, a lungo andare si è trasformata in una trappola: troppo discosta dalle principali vie di transito del continente, la fortezza è diventata via via sempre più difficile da raggiungere per le carovane mercantili (spesso vittima di assalti e brigantaggio) e si è trovata perciò isolata. Un isolamento che l'ha progressivamente indebolita, lasciandola alla mercè delle continue incursioni armate delle bellicose tribù orientali.

Della città di Shalwid Ektaban si narra da pag. 335 a pag. 349 del romanzo "Le memorie di Helewen".