domenica 24 febbraio 2013

Atthù-ath-Hir, la principessa di Sandovelia



Atthù-ath-Hir fu una principessa e regina di Sandovelia nei primi secoli della Terza Era. Figlia dell'orgoglioso re Bhali-Woesiskanka, della dinastia dell'Ariete, ebbe un ruolo decisivo nella vicenda del giovane e avventuroso orafo Theoson. Fu anche la madre del più grande imperatore vissuto nel Gaimat, Athalan il conquistatore. 
Il suo nome, Atthù-ath-Hir, è l'unione delle tre parole atthù (vita, ricordo, vivo, vivente, animato, ricordato), ath (di) e hir (mondo, pianeta, creato, ruota), ed è traducibile come "Vita del mondo" o per estensione "Colei che anima il mondo".

La storia di Atthù-ath-Hir è raccontata da pag. 32 a pag. 59 del romanzo "Le memorie di Helewen".

venerdì 15 febbraio 2013

Un nuovo sfondo per il vostro desktop!



Cari lettori, per voi un nuovo bellissimo wallpaper gratuito ispirato a "Le memorie di Helewen", per portare un po' di magia e fantasia sullo sfondo del vostro computer!

giovedì 14 febbraio 2013

L'Oracolo di Faiev




Faiev (nome che significa "Vista di fiamma" o "Vista spirituale") è uno dei tre grandi templi oracolari del Gaimat. Fu costruito a Lothriel in tempi molto antichi, quando, secondo quanto è tramandato negli annali, la Fiamma sacra della Veggenza fu divisa in tre parti e consegnata ad altrettante profetesse. La prima profetessa divenne la custode del fuoco nell'isola di Borhèa, la più occidentale delle terre conosciute. La seconda finì a Nothron Bin, la grande città portuale affacciata sui mari d'oriente, le cui regine si assunsero la missione di preservare e mantenere vivo il profetico focolare. La terza fiamma, fu portata fin sulle alte vette dei monti Nhirklordi, nel reame dei Pirin, e consegnata ad una Pizia di quella stirpe semidivina. Per lei fu costruito il tempio di Faiev, nel primo secolo della Quarta Era. In realtà, lo stile costruttivo del tempio, almeno all'interno, è alquanto differente da ogni altro edificio di Lothriel: mentre la tradizione dei Pirin nella decorazione degli interni vuole uno stile molto ricco e arzigogolato, colorato e carico di arabeschi, ispirato alla flora lussureggiante del regno; al contrario l'interno del tempio di Faiev appare totalmente spoglio e potremmo dire alquanto austero. Lo stile richiama molto quello dei templi delle Amazzoni, tanto che secondo alcune fonti, la costruzione del santuario venne affidata proprio ad un gruppo di sacerdotesse provenienti dall'isola di Borhèa. In mezzo alle tre navate separate da colonnati, si trovano il grande seggio della Pizia, l'altare su cui arde la fiamma sacra, e un più basso pulpito di pietra sul quale si inginocchiano coloro che vengono all'Oracolo per rivolgere i loro quesiti alla profetessa. 


martedì 12 febbraio 2013

Intervista del 9 febbraio 2013 su Parlamidite.com





Oggi incontriamo Sebastiano Brocchi, autore del romanzo “Pirin - Le memorie di Helewen”. Come nasce questo libro?

Nasce dall’incontro e la fusione di molte storie e racconti, che s’intrecciano intorno alla vita e ai ricordi di re Helewen e del suo popolo semidivino, i Pirin. Una formula narrativa abbastanza originale in rapporto ai fantasy ai quali siamo abituati, che si situa a metà strada tra il romanzo, la raccolta di fiabe, il viaggio iniziatico, il poema epico. Una storia molto articolata e per certi versi complessa, che senza sosta “sconfina” nella filosofia, nel sogno, nella poesia o nel sacro. La storia di un mondo immaginario, il continente di Gaimat, e delle altrettanto immaginarie civiltà che lo popolano, delle creature chimeriche che si annidano nelle sue sconfinate foreste, nei deserti o tra i monti impervi, dei potenti oggetti magici celati praticamente ad ogni angolo…


Cosa rappresenta per lei la scrittura?

La scrittura, così come l’arte è un modo per esprimere qualcosa di noi stessi, talvolta in modo esplicito, molto spesso in modo implicito. Un libro ha sempre diversi livelli di lettura, da quello più superficiale a quello più profondo e nascosto; ed è questo, credo, uno degli aspetti più affascinanti della scrittura e di tutte le forme artistiche. Il libro mostra e nasconde allo stesso tempo. Ognuno può scoprirvi una storia diversa, a seconda del proprio vissuto, delle proprie esperienze, delle proprie intuizioni. E questo è forse ancora più vero quando parliamo di libri fantasy, perché la fantasia sfugge al desiderio di dare una spiegazione chiara e univoca al linguaggio.
Quanto detto della scrittura, vale anche per l’arte figurativa, che è un altro dei mezzi espressivi che amo e utilizzo maggiormente. Questo mio sesto libro è sicuramente il più ricco anche dal punto di vista delle illustrazioni, poiché nelle sue diverse tavole a colori e in bianco e nero raccoglie decine e decine di schizzi, disegni e fotoelaborazioni digitali, alcuni dei quali nati a diversi anni di distanza, per cui riassumono in parte l’evoluzione anche iconografica che ha avuto l’universo dei Pirin nel tempo…


Quando ha cominciato a scrivere “Pirin - Le memorie di Helewen” e quanto tempo ha impiegato per concluderlo?


Ho cominciato a lavorarci più di dieci anni fa, quando ho sentito nascere dentro di me la volontà di creare una grande saga fantasy che non si limitasse ad una trama avventurosa ma contenesse un vero e proprio universo alternativo con le sue tradizioni, i suoi usi e costumi, il suo linguaggio, geografia, religione e molto altro. In questo mi sono lasciato ispirare, sicuramente, dalle saghe cinematografiche che più mi avevano entusiasmato in quegli anni, ovvero “Star Wars” e “Il Signore degli Anelli”. Se all’inizio avevo pensato di puntare sulla fantascienza, in seguito ho proferito lasciar perdere pianeti e astronavi, optando per un mondo epico-cavalleresco che somigliasse a quello delle antiche civiltà. Ho sempre avuto un grande amore per l’Antichità: Egitto, Grecia, Europa celtica, civiltà precolombiane, o gli splendori orientali narrati ne “Le mille e una notte”, rappresentavano per me un meraviglioso “mondo perduto” fatto di arte eccelsa, enigmatica mitologia, vicende eroiche, e un continuo interagire tra realtà e sovrannaturale.
Volevo che questi fossero gli ingredienti del mondo che mi apprestavo a inventare. Volevo dare vita ad una storia che potesse essere stata scritta in epoche passate, che avesse quel sapore mistico e leggendario che rende intramontabili certi classici. 
Ho cominciato diverse stesure di romanzi fantasy, che poi regolarmente abbandonavo dopo qualche decina di pagine perché mi rendevo conto di non avere costruito una base abbastanza strutturata. La saga che avevo in mente richiedeva un lavoro preparatorio molto più lungo del previsto, delle fondamenta più solide, affinché il mondo che mi accingevo a narrare sembrasse autentico. Inoltre, capivo che la trama non era ancora abbastanza solida, e il messaggio profondo che mi sarebbe piaciuto trasmettere, forse non l’avevo ancora esplorato e compreso appieno. Ma con il tempo, ho reso quel mondo sempre più completo, la trama mi è parsa ben intessuta, e il messaggio profondo mi è apparso sempre più chiaro. Così ha visto la luce questo primo volume della saga, “Le memorie di Helewen”.


Quando ha iniziato ad amare il fantasy?

Sinceramente, non sono un grande conoscitore del genere fantasy attuale. Come ho detto, le mie fonti d’ispirazione principali derivano dal passato. Credo che le fiabe, i miti, i cicli romanzeschi medievali, con i loro simboli fortemente evocativi (draghi, eroi, scontri e intrighi tra divinità, fate, folletti…) siano capaci di parlare alla parte più profonda della nostra anima, risvegliando quella nostra parte infantile e onirica che, forse, è proprio quella più vicina alle verità profonde.
Gli stessi testi sacri di molte religioni contengono una grande varietà di narrazioni, personaggi e creature che potremmo definire “fantasy”. Perché molte di queste creature sono “simbolo” allo stato puro.


Secondo lei il genere fantasy è una fuga dalla realtà o la sensibilità di sentire un'altra realtà?

Può sembrare un controsenso, ma credo che la fantasia sia uno dei modi più seri di parlare delle cose realmente importanti. Personalmente, ho trovato molta più verità e saggezza nelle fiabe e nelle storielle che si raccontavano ai bambini che non in libri dotti e autorevoli. Non penso che si tratti di una fuga dalla realtà. La fantasia fa parte della realtà, altrimenti non ne saremmo provvisti. Dal momento che una cosa viene immaginata, è come se cominciasse ad esistere. Inoltre, gran parte delle cose che ci circondano sono nate dalla “fantasia” di qualcuno, e dal coraggio di credere nelle proprie idee. Che si tratti di sensibilità nel sentire un’altra realtà non lo so, ma quel che è certo è che seguire il sentiero della propria immaginazione ci permette di conoscerci meglio, portandoci in una dimensione intima dalla quale scaturiscono mondi ancora increati, pronti a prendere vita attraverso la scrittura o l’arte.


Ha uno scrittore ideale? Voglio dire, qualche modello di riferimento?


Nella saga dei Pirin sono confluite fonti d’ispirazione tra le più varie e disparate. Tra queste, sicuramente i poemi omerici, i romanzi arturiani e “Le mille e una notte”, ma anche la “Bibbia”, la “Divina Commedia”, così come testi sanscriti dell’India e molti altri scritti di antichi popoli. Tra gli autori più recenti, uno di quelli che stimo maggiormente è sicuramente Ende, l’autore de “La storia infinita”. Innegabile anche una certa influenza tolkieniana, che però mi ha raggiunto soltanto dalla versione cinematografica: lo ammetto, non ho (ancora) letto “Il Signore degli Anelli”. Molti altri film fantasy e storici mi hanno fornito elementi e spunti che sono poi confluiti ne “Le memorie di Helewen”... tra questi potrei citare “Le Cronache di Narnia” o “Scontro tra titani”.



Le persone che la conoscono cosa hanno detto quando hanno saputo dell’uscita del Suo sesto libro?

Alcuni amici sapevano da diverso tempo che stavo lavorando a “una saga fantasy” (non meglio definita), e più di recente ne ho parlato anche in qualche occasione pubblica, ma sempre mantenendo un grande riserbo sui contenuti e la trama. Quando il libro è uscito, ho ricevuto diverse reazioni molto positive, non solo per il testo, ma anche per le molte illustrazioni che arricchiscono l’opera. Ad alcuni lettori, sulle prime, potrà essere sembrato strano che, dopo cinque libri tutti più o meno incentrati sulla storia dell’arte, la filosofia, la simbologia e l’ermeneutica, molto documentati e definiti da alcuni quasi “accademici”, io abbia fatto questa apparente “inversione di rotta” pubblicando un romanzo fantasy. In realtà, poi, molte perplessità svaniscono con la lettura de “Le memorie di Helewen”, perché i lettori più attenti sapranno ritrovarci tutti i temi fondamentali che hanno apprezzato nelle mie precedenti opere, solo sotto un’altra veste. Finora, ho sempre cercato, con il mio lavoro, di interpretare immagini e parole lasciateci da autori del passato: adesso, invece, con la saga dei Pirin, sono io ad affidare a voi un messaggio. Starà a voi interpretarlo, se vorrete.


Ha in progetto altri libri nel cassetto?

Naturalmente, il seguito della saga. A “Le memorie di Helewen”, dovrebbero seguire almeno altri due volumi: “Hairam regina” e “Le gesta di Nhalbar”. Il lavoro è lungo, ma come si dice, chi ben comincia è a metà dell’opera. Speriamo. Ad ogni modo, per adesso l’ispirazione non mi manca, e sono molto contento di come si sta evolvendo la trama. Senza dimenticare che ho qualche altro progetto e “sogno nel cassetto” sempre legato alla saga dei Pirin, ma è presto per parlarne, vorrei prima vedere come si svilupperanno certe idee e se riuscirò a concretizzarle.
Anche se in questo momento devo dire che l’universo dei Pirin sta prendendo molto del mio tempo e delle mie energie, ho anche altri libri in cantiere. Per esempio, penso sempre che mi piacerebbe pubblicare, un giorno, un saggio sull’interpretazione dei Vangeli, di cui ho già scritto anni fa diversi capitoli ma che per il momento ho accantonato, aspettando di trovare il modo giusto di esprimere certi concetti senza essere frainteso (un rischio sempre presente quando ci si avvicina ad argomenti religiosi). Inoltre, sto seguendo un filone di ricerche su un mistero storico, che dovrebbe portarmi a scrivere un bel giallo esoterico ricco di agganci all’arte e a vicende del passato italiano ed europeo, sul genere de “L’oro di Polia” (Kimerik, 2011), ma legato, questa volta, ai Templari…


A lei uno spazio, da riempire come desidera.

A proposito della saga dei Pirin, vorrei aggiungere una cosa che ritengo importante. Essa non è stata concepita per “fermarsi” al contenuto del romanzo (o dei romanzi, in futuro). Attraverso la creazione di un sito web ufficiale della saga (pirinsaga.blogspot.com) ho voluto dare la possibilità ai lettori di prolungare la loro esperienza nell’universo Pirin, con tutta una serie di aggiornamenti periodici e immagini inedite, per conoscere sempre nuovi aspetti del mondo in cui si svolgono le vicende di re Helewen e degli altri protagonisti. Un sito assolutamente da non perdere per tutti i fan del libro, che permetterà loro di immergersi ancora di più nell’esplorazione del continente di Gaimat!

sabato 2 febbraio 2013

Nascita del Canone di misurazione di Lothriel


Fedeli al loro ruolo di civilizzatori, i Pirin hanno introdotto per la prima volta un Canone di misurazione che portasse un po' di chiarezza e ordine nella confusione che caratterizzava i sistemi e le unità di misura diffusi nelle varie regioni del Gaimat. 
Il Canone di Lothriel (Tar ath Lothriel), venne stabilito nell'ottavo secolo della Terza Era, sotto il regno di Pantharodhòwel, per ordine dello stesso sovrano (ispirato, si dice, da un sogno). 
Re Pantharodhòwel decretò che il Canone avrebbe compreso ventuno diverse unità di misura, raggruppate come segue: cinque unità di misura della lunghezza, tre dell'altezza, cinque dell'area, quattro del volume e quattro del peso. Perciò, le misure adottate dai Pirin, sono specifiche per la dimensione che si vuole misurare: lunghezza e altezza, per esempio, vengono considerate come dimensioni differenti, una legata all'orizzontalità, l'altra alla verticalità, e ne consegue che le unità di misura adottate per misurarle non sono intercambiabili. Un esempio concreto: 3 dektelatthadar corrispondono esattamente a 1 fragantadar, tuttavia, siccome i primi fanno parte delle unità di misura della lunghezza, non verranno mai usati per descrivere un'altezza. 

Il Canone, è basato sulle misure di alcuni degli elementi più importanti del regno di Lothriel. Diverse misure si basano, ad esempio, sulle proporzioni del corpo di re Pantharodhòwel (il diametro della pupulla, la lunghezza del dito o del passo, la sua altezza, l'area dell'iride o della mano...). Una statua in scala 1:1 che ritrae il sovrano svetta nella piazza principale di Lothriel, e su di essa vengono calibrati i diversi strumenti di misura. 

Altri parametri di misurazione prendono invece a modello il grande tempio di Ghaladar, il trono del re o la cittadella reale. Infine, per quanto riguarda i pesi, la scelta dei modelli è ricaduta sul seme e la corolla del fiore di loto del lago Mystir, sulla corona del re di Lothriel, e sul peso in oro del trono di Pantharodhòwel...

I valori delle diverse unità di misura sono riportate a pag. 463 del romanzo "Le memorie di Helewen".