Quello di cui parleremo oggi è un libro fantasy che mi ha piacevolmente colpito: sapendo che è stato scritto e pubblicato da un autore esordiente con un editore, mi risulta, a pagamento (anche se questo di per sé significa poco) e osservando la copertina, avevo un discreto sospetto che mi sarei trovata con l’ennesimo romanzo scritto maluccio, poco originale e zeppo dei tipici errori che commettono gli scrittori in erba.
A dire il vero non so il perché… penso si sia trattato di un’impressione istintiva, nata probabilmente dopo aver letto un po’ di nomi impronunciabili sul retro di copertina e nelle prime pagine, ma sono assai contenta di poter dire che questa volta il mio “istinto di lettrice” ha sbagliato di brutto, giacché Le memorie di Helewen è tutt’altro che un brutto romanzo, a mio parere.
Per parlarvi di lui desidero partire dall’aspetto che più mi è piaciuto, ovvero il mondo in cui Sebastiano Brocchi ha ambientato il suo romanzo, in particolare la sua originalità e accuratezza.
Riguardo alle creature presenti, per esempio, accanto ai classici elfi e nani (che comunque sono tutt’altro che il copia-incolla di quelli tolkeniani) troviamo popoli mai visti come i Fhegòlnori, i popoli del Sottosuolo e dei Draconieri e moltissimi altri. E riguardo al backgroundvero e proprio, servirebbe una recensione più lunga del libro per parlarne in modo completo: temo che dovrete accontentarvi di sapere che si tratta di un mondo dipinto nel minimo dettaglio, in cui nulla è lasciato al caso, ma se ne volete direttamente qualche assaggio andate a sbirciare sul sito della saga, ricco di informazioni su oggetti e personaggi.
Ma oltre al background, cosa è possibile trovare in Pirin?
Dico subito che, se siete alla ricerca di un romanzo che contenga tanta azione e suspense da tenervi incollati alla sedia, temo che la saga di Pirin non faccia per voi, ma secondo me è stato proprio questo il suo punto forte: per ogni episodio che viene riportato, come se il libro fosse composto da tanti romanzi intrecciati tra loro e legati da un unico filo, il narratore si concede infatti una giusta dose di calma. Essa, tuttavia, non scade mai in noia o ripetitività, e ciò permette davvero di addentrarsi nel mondo di Pirin con un’immersione a 360°.
Poi c’è un’altra caratteristica se vogliamo banale, ma che ha la sua importanza: il romanzo è diviso in nove parti, a loro volta suddivise in capitoli assai brevi, spesso di sole 3-4 pagine. Forse quello del cosiddetto “muro di testo” sarà solo un effetto ottico, ma sapere di avere davanti solo pochi paragrafi di testo prima di una piccola pausa è molto più rilassante di trovarsi dieci pagine senza neanche un “a capo”.
In definitiva, trovo che Le memorie di Helewen sia un fantasy impegnativo, di certo non uno di quelli per ragazzini che si divorano in un pomeriggio: si tratta di un libro articolato, ricco di storie, luoghi e personaggi diversissimi tra loro… eppure, nonostante lo stile complesso, si legge che è una meraviglia senza mai annoiare. Dico davvero: era parecchio tempo che non riuscivo a gustarmi un “mattone” (in senso buono, ovviamente) dall’inizio alla fine senza mai provare l’istinto di saltare una pagina o due, da tanti erano gli sbadigli che mi ispirava. I miei complimenti, dunque, all’autore, per essere riuscito a elaborare uno stile che tiene vivo l’interesse dalla prima all’ultima pagina.
Scommetto che vi state chiedendo come possano convivere uno stile così complesso e piacevole e un background talmente articolato: niente “ansia da troppe poche spiegazioni” da parte del narratore? Nemmeno un infodumppiccolo piccolo?
In questo caso no, perché è la natura stessa del libro che lo ha permesso: come da sottotitolo, nel primo volume della saga di Pirin il giovane scriba Nhalfòrdon-Domenir (per questo accennavo a una certa difficoltà nell’abituarmi ai nomi, poco fa…) è impegnato a trascrivere i ricordi e i racconti di re Helewen, suo padrino. È lo stesso Helewen, dunque, a parlarci in prima persona del reame dei Pirin, soffermandosi a descrivere in dettaglio i simboli divini e i loro significati, le creature, gli animali e gli oggetti magici, i popoli e i loro luoghi e così via… il tutto con estrema naturalezza: è il caso di ripetere, infatti, che nonostante le molte informazioni ricevute l’intero libro risulta assai trascinante, molto più di quanto mi sarei aspettata.
All’inizio, a dire il vero, si incontra una qualche descrizione che puzza diraccontato-e-non-mostrato, ma si tratta solo di una manciata di casi, che alla fine della prima parte sono del tutto scomparsi.
Insomma, abbiamo a che fare con un fantasy degno di nota, dato che riesce ad amalgamare coinvolgimento e accuratezza nel descrivere.
A voler essere pignola, in ogni caso, ho notato parecchie virgole tra soggetto e predicato disseminate un po’ in tutto il libro, ma ritengo che si tratti dell’unica disattenzione da parte del correttore di bozze: a parte questo piccolo difetto – quasi insignificante – trovo che Pirinsia scritto veramente bene, nel complesso.
Particolarmente bello e curato soprattutto l’inserto a colori che si trova a fine libro (alcune pagine a fianco), dove troverete un ricco riassunto delle creature, dei luoghi, delle tradizioni e di tutti gli elementi con cui Sebastiano Brocchi ha costruito il suo mondo.
Forse è stato questo che ha fatto lievitare il prezzo (22 euro per 410 pagine, che diventano circa 470 con la suddetta appendice) che è purtroppo risultato un po’ alto, ma trovo comunque che il rapporto tra costo e qualità del prodotto sia ottimo. Ve lo consiglio davvero.
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In sintesi…
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Background molto originale e curato, ricco di elementi nuovi e interessanti. | Nomi difficili da imparare, un po’ di tell all’inizio e alcuni piccoli refusi. |
Non molta azione, eppure stile assai coinvolgente. | |
Scrittura accurata, impegnativa ma scorrevole. | |
Personaggi, luoghi e situazioni de- scritti nei dettagli senza annoiare. | |
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