Sebastiano B. Brocchi, autore di Pirin, Le memorie di Helewen, benvenuto su Isola Illyon!
Grazie! È un piacere essere ospitato da uno dei più bei siti di fantasy italiani.
Ti va di presentarti ai nostri lettori?
Certamente, anche se è sempre difficile racchiudere un’identità in qualche parola scritta. Di me posso dirvi che sono uno scrittore svizzero, originario della Collina d’Oro (vicino a Lugano) che fu patria d’elezione di Hermann Hesse. Ho lasciato la scuola in terza liceo per dedicarmi a tempo pieno alle mie molte passioni, che richiedono impegno, dedizione e ricerche. In particolare, ho scelto di intraprendere lo studio della simbologia o ermeneutica, ovvero l’interpretazione delle opere artistiche e letterarie del passato, le quali celano un ricchissimo patrimonio di saggezza ancora in gran parte da scoprire. I miei primi libri sono stati dei saggi dedicati appunto all’approfondimento di questi misteri (tra di essi vorrei segnalarvi “Collina d’Oro Segreta”, “Riflessioni sulla Grande Opera” e “Favole Ermetiche”). Solo in seguito ho pubblicato opere di narrativa: il mio primo romanzo, “L’Oro di Polia”, è un giallo esoterico che parla della ricerca di un tesoro rinascimentale legato alla conturbante Lucrezia Borgia. A parte la scrittura ho diversi altri interessi e passatempi, tra i quali il più rilevante è sicuramente il disegno.
Leggo che lo scrivere la saga di Pirin ti ha portato via ben dieci anni. Com’è nato il tuo progetto, e come si è sviluppato?
Non direi “portato via”. Meglio dire che ha arricchito dieci anni della mia vita con idee, sogni e creatività, e che continua a farlo perché il lavoro non è finito! Sono tanti i fattori che mi hanno portato a scrivere questa saga. Un ruolo importante l’hanno avuto sicuramente i film che hanno segnato la mia adolescenza, come “Star Wars” e “Il Signore degli Anelli”. E poi il mio grande amore per la mitologia, l’antichità e il modo che gli antichi avevano di descrivere il mondo, come un’eterna commistione di naturale e sovrannaturale, umano e divino, dove magia e grandi imprese potevano nascondersi a ogni angolo. Infine, il desiderio di dire e dare qualcosa. Non di insegnare una morale, ma di trasmettere dei messaggi, esprimere alcune visioni sulla vita, i sentimenti, le utopie… Dal dire al fare, però, c’è di mezzo il mare. Quando ho iniziato a immaginare questo mondo e questi personaggi ero davvero giovanissimo, non ero pronto a reggere una trama così complessa e non avevo ancora abbastanza dimestichezza con la narrativa, perciò ho fatto diversi tentativi infruttuosi. A dire il vero non posso considerarli del tutto infruttuosi, perché ognuno di quei tentativi mi ha lasciato un più o meno significativo bagaglio di idee, così il progetto ha preso forma poco a poco. Inoltre si tratta di un universo descritto sotto gli aspetti più diversi. La lingua dei Pirin è un idioma vero e proprio, con le sue regole grammaticali, il suo vocabolario, il suo alfabeto. Lo stesso vale per le unità di misura, il calendario, la matematica. Ogni città ha un diverso stile architettonico. Ogni stato ha la sua bandiera, le sue usanze. Ogni popolo ha un abbigliamento, un artigianato, un aspetto fisico specifico. Sono descritti gli Dei così come gli Angeli e le Fate, i mortali con le loro classi sociali, persino la flora, la fauna e gli aspetti geografici. Descrivo alcune leggi e sistemi politici, gerarchie ed eserciti. Insomma un lavoro che ha richiesto davvero molto tempo per venire alla luce. Tuttavia, spero di aver trovato un buon compromesso tra descrizione del mondo e sequenze narrative. Non volevo scrivere un’enciclopedia fantasy, per intenderci. Alla fine credo di aver dato abbastanza respiro alle vicende dei personaggi…
Come mai un fantasy?
In realtà sono un pessimo lettore di fantasy. I romanzi fantasy che ho letto si possono contare sulle dita di una mano. Ma questo vale in genere per tutta la narrativa contemporanea. Come dicevo, invece, sono sempre stato affascinato dalla letteratura antica: le saghe, i miti, i poemi, gli enigmi e le profezie, il senso del sacro che pervade le grandi civiltà del passato. L’Egitto, la Grecia, il Medioevo, il fascino dell’Oriente, l’Europa celtica e i popoli precolombiani… è un po’ tutto questo ad aver plasmato il mondo che ho immaginato. E “Fantasy” è l’etichetta moderna che più gli si avvicina. Ma un tempo le storie non avevano bisogno di chiamarsi così per parlare di draghi, elfi, fate e incantesimi!
Nel tuo libro è palese l’amore per l’arte e per le grandi storie. Ti va di parlarci di questo connubio?
La storia dei libri è sempre stata profondamente connessa a quella dell’arte. Le scritture più antiche prodotte dall’uomo erano affiancate da immagini, e per tutti i millenni che sono seguiti, i libri più belli e importanti sono sempre stati impreziositi da illustrazioni. Certo, il bello di un libro è anche poter immaginare liberamente l’universo descritto dall’autore, ma sono altrettanto convinto che un disegno racchiuda in sé un vastissimo potere espressivo, capace di produrre nell’animo emozioni e suggestioni ancor più dirette della scrittura. Con la saga dei Pirin ho cercato, anzi sto cercando, di dare vita ad un mondo, che altrimenti rimarrebbe isolato nella mia mente, e per farlo attingo alle mie risorse privilegiate: l’arte e la narrazione. Spesso un disegno che faccio mi fornisce l’ispirazione per un racconto, oppure accade il contrario: cerco di rappresentare con il disegno quel che in precedenza ho descritto. Ma l’arte e le grandi storie non sono solo ciò che cerco di dare, sono anche le fonti, le “materie prime”, sulle quali ho costruito questo mondo immaginario. Perché nell’arte delle città fantastiche che descrivo e disegno si ritrovano decine, centinaia di citazioni più o meno palesi ai capolavori reali che mi hanno ispirato. Lo stesso vale per le vicende dei personaggi: ho sempre cercato di essere originale, e ciononostante ho disseminato i diversi racconti di tantissime allusioni e riferimenti, per esempio a miti, testi sacri, ecc…
La prima cosa che salta all’occhio è l’appendice a colori: come mai hai scelto di inserirla? Le immagini sono tutte farina del tuo sacco?
Sì, sono tutti miei disegni e schizzi, realizzati nell’arco dei diversi anni di progettazione. Ci sono disegni che ho fatto da adolescente, e altri realizzati poco più di un anno fa. Perciò si tratta davvero di un crogiuolo di idee che si sono stratificate nel tempo e che mi sembrava impensabile sacrificare optando per un romanzo privo di illustrazioni. Per il discorso che facevo prima, ovvero la possibilità di descrivere diversi aspetti del mondo senza appesantire troppo il filo narrativo, l’appendice svolge un ruolo importante, perché ad essa sono affidate molte notizie corollari sulle civiltà e i luoghi. Naturalmente l’appendice di questo primo volume non è completa: diverse ulteriori informazioni sul continente di Gaimat e i popoli che lo abitano saranno fornite nei prossimi episodi della saga. D’altra parte, però, in questa prima appendice vengono già mostrati degli aspetti che anticipano in qualche modo i futuri libri. Un po’ come dire “ecco una parte di quello che vi aspetta”… Miei sono anche i disegni inediti pubblicati ogni mese sul sito ufficiale della saga. Un modo per fornire ai lettori sempre nuove notizie e informazioni sui personaggi e le storie che hanno amato nel libro.
Qual è il personaggio a cui sei più affezionato? E quello che è stato più impegnativo da gestire?
Una domanda difficile, in quanto sono sincero dicendo che ho amato, a modo suo, ogni personaggio del libro. E di ognuno ammiro un aspetto in particolare. La generosità incondizionata di Theoson, il coraggio di Ofat nell’esprimere e difendere i propri sentimenti, l’animo semplice e virtuoso di Folsarèd… ogni personaggio, anche quelli minori, ha una sua vicenda umana da raccontare. E talvolta si trova persino più umanità negli animali, come accade nella struggente storia della giumenta Evyid. Forse il personaggio più impegnativo da gestire è stato re Osondel, perché la sua vicenda è tra quelle che si intrecciano con il maggior numero di altre storie e non è stato evidente trovare sempre il bandolo della matassa, anche se per quanto mi riguarda ne è valsa la pena. Il viaggio di Osondel alla ricerca della piuma è infatti una vera odissea fatta di luoghi e personaggi meravigliosi… Infine, vorrei spendere due parole su uno dei personaggi più strani e sconcertanti di tutto il libro, o forse di tutta la saga: Zauthra, il Fiordaliso Nero. Affidare a un fiore il ruolo di peggior “malvagio”, normalmente affibbiato a orchi, mostri o uomini senza scrupoli, è stata sicuramente una scelta particolare, ma, trovo, molto incisiva…
A quali opere ed autori ti ispiri?
“La Storia Infinita” è, secondo me, uno dei libri più belli. Considero Ende un grande maestro, anche se l’ho riscoperto abbastanza recentemente. Da bambino avevo visto il film, ma mi è scivolato via. Solo avvicinandomi al romanzo da adulto ho potuto apprezzarne l’incredibile vastità simbolica, filosofica, spirituale. A differenza di quello che molti si aspettano da un autore di fantasy, invece, non ho mai letto Tolkien. Ho amato i film de “Il Signore degli Anelli”, ma non ho ancora sentito la “spinta” ad avventurarmi nella lettura dei tre volumi. Ma, come ho detto in precedenza, ho sempre subito il fascino della letteratura antica. Omero, Chretien de Troyes, i grandi favolisti come i fratelli Grimm, Perrault e Collodi… Ho tratto molte ispirazioni anche dalla “Divina Commedia”, dalla “Bibbia”, dai “Veda”, dalle “Mille e una notte”, dai libri ermetici. Anche Platone con la sua descrizione del regno di Atlantide è stato molto importante nel determinare in me il desiderio di descrivere un regno fantastico in modo “realistico”. Uno stile che, tra gli autori più recenti, ho ritrovato e molto apprezzato ad esempio in James Gurney con la sua geniale ed esteticamente bellissima “Dinotopia”. Devo dire che talvolta mi sono anche meravigliato nel ritrovare delle “mie” idee in autori che non conoscevo, vissuti magari secoli prima di me. Ho sempre ammirato queste curiose sincronicità…
Sullo scaffale di una ideale libreria, tra quali libri vorresti vedere il tuo?
Il mio libro è un po’ un “crossover” di generi letterari, difficile inserirlo su uno scaffale in particolare. Non ha un singolo protagonista, non è né un romanzo tradizionale né un libro di racconti. Direi comunque a metà strada tra gli epic fantasy di qualche decennio fa, i classici della letteratura fiabesca e i diari di viaggio fantastici alla Jonathan Swift o Jules Verne…
Leggo sul sito dedicato alla saga che è prossima l’uscita di un videogame ispirato ai tuoi libri!
Sì, esatto, un videogame firmato Stelex Software, un’intraprendente software house svizzera. In realtà non c’è ancora una data d’uscita precisa, il gioco è ancora in fase di lavorazione ma quanto fatto finora è già molto promettente. Questo punta-e-clicca per pc e mac, intitolato “Eselmir e in cinque doni magici”, costituirà uno spin-off della saga. Permetterà al giocatore di immergersi nel mondo di Gaimat con ambientazioni molto suggestive, dialoghi “da libro” ed enigmi a ogni angolo del percorso. Partecipo personalmente a questo progetto curando le illustrazioni e i testi, perciò la trama e l’universo visivo rispecchieranno molto da vicino il romanzo.
Quando uscirà il nuovo volume delle saga? Di quanti capitoli sarà composta?
La mia intenzione è quella di formare una trilogia (almeno inizialmente, poi chissà?). A “Le memorie di Helewen” dovrebbero seguire “Hairam Regina” e “Le gesta di Nhalbar”. Non posso ancora sbilanciarmi per quanto riguarda la data d’uscita per il secondo volume, ma spero che possa vedere la luce tra uno o due anni. Ho già scritto molto, so quello che dovrà succedere almeno nelle grandi linee, ma amo farmi sorprendere dall’ispirazione e voglio procedere con pazienza. La qualità della trama, dei personaggi e delle ambientazioni devono soddisfare me per primo, e la fretta non è mai una buona consigliera. Preferisco far aspettare i lettori ma essere contento del frutto del mio lavoro.
Che opinione hai delle recensioni online e di Isola Illyon in particolare?
Con i miei libri per adesso ho ottenuto buoni riscontri e recensioni generalmente positive. È naturale che ci sia qualche critica, nessuno è perfetto e i gusti sono assolutamente soggettivi. Un recensore ha un ruolo molto difficile, perché da un lato dovrebbe sempre essere onesto nell’esprimere le proprie opinioni, ma ricordando sempre che da una recensione positiva o negativa può determinare le scelte dei lettori; perciò è giusto criticare ma cercando sempre di mettere in luce anche le qualità di un’opera. Alcuni recensori basano i loro commenti su una lettura parziale e frettolosa (perché in molti casi devono recensire diversi libri al mese) e questo fa sì che magari sfugga loro il messaggio profondo di un’opera. Infine, quante volte capita di sorprendersi nell’amare un libro o un film che avevano ricevuto recensioni mitigate, e, al contrario, detestarne uno che veniva dipinto come un “capolavoro”? Perciò alla fine le recensioni sono dei consigli, ma spetta sempre al lettore usare il proprio discernimento per valutare un’opera.
Per quanto riguarda Isola Illyon, a essere sincero ho sempre poco tempo per leggere recensioni, perciò non saprei dare un giudizio in questo senso. Se devo basarmi sulla recensione del mio romanzo, la trovo pertinente e ragionata, ponderata sia nelle lodi che nelle critiche. Coglie bene lo spirito del mio lavoro. Recensioni a parte, trovo che Isola Illyon sia tra i siti di fantasy più curati e belli da vedere. Offre ai lettori diverse interessanti tematiche e immagini accattivanti, dando spazio a numerosi argomenti. Continuate così!