giovedì 9 agosto 2018

La recensione de "Le memorie di Helewen" sul blog letterario "Il Gufo Lettore"




Pirin. Le memorie di Helewen, primo libro della trilogia dei Pirin di Sebastiano B. Brocchi, è un romanzo sui generis, una collezione di storie nella storia che mira a costruire una mitologia complessa e gettare le basi per un mondo dove ogni singolo particolare è curato sin nel più piccolo dettaglio.

Nhalfòrdon-Domenir, un ragazzo paraplegico costretto in sedia a rotelle, viene affidato alle cure di Helewen, proprietario della splendida Villa delle Magnolie e re dei Pirin, una stirpe di semidei la cui origine è avvolta nella leggenda. Sarà dopo una domanda di Domenir che Helewen deciderà di raccontargli la storia del suo popolo, narrando gli eventi che ne hanno portato alla nascita e le tappe più importanti della loro storia.

Pirin. Le memorie di Helewen è un romanzo molto ricercato. A partire dai nomi dei personaggi e dei luoghi, figli di lingue inventate in cui sono scritti anche alcuni passaggi del libro – in particolare alcuni pezzi poetici – , sino alle descrizioni, ricchissime di dettagli, senza tralasciare l’impostazione stessa, che rimanda alle raccolte di novelle medievali, racchiuse in una cornice dove i personaggi si alternano nella narrazione. Qui il narratore è uno, Helewen, ma è come se fossero molti, perché nei racconti solo in apparenza a stampo cronachistico è racchiusa anche la voce di tutti quelli che hanno preceduto Helewen stesso: è la letteratura che eterna i suoi protagonisti; un concetto ribadito dallo stesso Helewen, che chiede a Domenir di scrivere quanto gli racconta affinché – su un piano fittizio, chiaramente, ma non per questo viene meno il suo significato simbolico – le generazioni future possano conoscere la storia dei Pirin. Si tratta di una storia complessa, dove compaiono divinità, viaggi impossibili da compiere, magia, strane creature, un sistema statale fuori dall’ordinario e soprattutto tanti personaggi. I personaggi non sono troppo approfonditi e più che essere i personaggi di un romanzo sono simili a quelli delle fiabe; una scelta in linea con l’impianto dell’opera e che ci fa incontrare, per esempio, il giovane coraggioso, la principessa innamorata, il re giusto, il re cattivo e così via. Fa eccezione Helewen, di cui si può avere una doppia prospettiva: una attraverso gli occhi di Domenir e una attraverso le parole di Helewen stesso, quando narra di sé, descrivendo gli eventi che poi, presumo, saranno ripresi nel secondo volume. Helewen è un personaggio dolente, di una nobiltà e gentilezze insite, calmo, responsabile, ma è anche, a suo modo, sognatore. Non ci fornisce una morale per i racconti, lascia che siano loro a parlare da soli, tenendo conto che in ogni caso sono racconti che mirano in prima battuta a stupirci con ambientazioni e descrizioni, a mostrarci la complessità del mondo creato dall’autore. Questo intento è supportato anche dalle numerose illustrazioni che riempiono le pagine, che arricchiscono il testo e concretizzano quando descritto.

La complessità dell’impianto del libro si specchia nella scrittura: Pirin. Le memorie di Helewen è scritto con uno stile complesso, ricchissimo di aggettivi, di termini poco usati e con periodi lunghi che rendono la lettura lenta, per quanto il libro sia suddiviso in capitolo brevi.

In conclusione, Pirin. Le memorie di Helewen è un romanzo sofisticato e impegnativo, non adatto a a tutti, ma ai lettori che cercano qualcosa di diverso dal solito e che amano i libri complessi.

Nessun commento:

Posta un commento